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Il contratto di locazione stipulato dal debitore esecutato in data successiva al compimento dell’atto di pignoramento ed in assenza di autorizzazione del Giudice dell’Esecuzione è nullo per violazione di norma imperativa. Questo principio è stato ricordato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 25368 del 28/8/2023. Ebbene, ai sensi dell’art. 1418, co. 1°, c.c.: “Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge dispone diversamente“. L’azione di nullità del contratto è imprescrittibile, può essere chiesta da chiunque ed opera retroattivamente. Con l’ovvia conseguenza che, a differenza dell’annullamento, il contratto nullo non produce effetti nè tra le parti nè rispetto ai terzi. Pertanto, nel caso di specie, ovvero in tema di contratto di locazione stipulato da parte dell’esecutato o dal terzo, dopo il pignoramento, in mancanza di autorizzazione del G.E., esso contratto, oltre ad essere inopponibile, è anche inefficace, in quanto posto in violazione sia dell’art. 560, co. 2° c.p.c. (il quale dispone che tanto al debitore quanto al terzo è fatto divieto di dare in locazione l’immobile pignorato senza essere autorizzati dal giudice dell’esecuzione) che dell’art. 2923 c.c. che al 1° comma afferma: “Le locazioni consentite da chi ha subito l’espropriazione sono opponibili all’acquirente se hanno data certa anteriore al pignoramento…“. Inoltre, il comma 2° del medesimo articolo prosegue affermando: “Le locazioni immobiliari eccedenti i nove anni che non sono state trascritte anteriormente al pignoramento non sono opponibili all’acquirente, se non nei limiti di un novennio dall’inizio della locazione” (cfr. in tal senso Cass. civ. Sez. I, 9/1/2003 n. 111). Ed il 3° comma statuisce: “In ogni caso l’acquirente non è tenuto a rispettare la locazione qualora il prezzo convenuto sia inferire di un terzi al giusto prezzo o a quello risultante da precedenti locazioni“. Da tanto ne deriva che il debitore non può stipulare contratti di locazione dopo la notifica dell’atto di pignoramento, salvo l’autorizzazione del G.E., e se contravviene a tale disposizione normativa, esso contratto, oltre ad essere inopponibile, è anche inefficace e quindi nullo, ai sensi dell’art. 1418 co. 1° c.c.. In ogni caso, anche qualora esso debitore dovesse stipulare un contratto di locazione in data antecedente al pignoramento, ma ad un canone non “giusto”, esso atto negoziale sarebbe comunque inefficace, stante la “viltà” di quanto concordato (cfr. Cass. civ. Sez. III, n. 9877 del 28/3/2022). Infine, è da ricordare, peraltro, che in base alla recentissima Cass. civ. Sez. III, n. 7909 del 23/3/2024, la valutazione circa la viltà del canone va condotta alla data del pignoramento, che cristallizza la situazione giuridica opponibile ai creditori e ai terzi che dall’esecuzione forzata acquisiscono diritti, piuttosto che alla data della stipulazione negoziale.
In conclusione, in casi del genere, il G.E. ben potrebbe emettere l’ordine di liberazione da attuare a cura del custode giudiziario, senza che si debbano innescare giudizi ordinari o parentesi di cognizione all’interno di giudizi esecutivi.